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L'OCULISTICA NELL'ERA DELLA POST-GENOMICA
Occhi biotech
Farmaci genetici. Laser. Microtrapianti e staminali. Contro difetti visivi e malattie gravi. Ecco cosa
promette una rivoluzione in corso

Agnese Codignola

Ci sono i difetti visivi che interessano quasi tutti nell'arco dell'esistenza, dalla miopia all'astigmatismo,
dalla presbiopia all'ipermetropia, compromettendo in modo più o meno grave la qualità della vita. E ci
sono malattie tanto terribili quanto diffuse, soprattutto dopo una certa età, che fino a pochissimo
tempo fa non lasciavano scampo: chi ne era colpito scivolava inesorabilmente, in modo più o meno
graduale, nel buio della cecità. I loro nomi sono degenerazione maculare, retinopatia diabetica,
retinite pigmentosa, cheratocono e altro ancora. Ma oggi è tutta l'oculistica a essere al centro di una
straordinaria rivoluzione scientifica che offre sin da subito una speranza per molte di queste
patologie, dalle più gravi alle più lievi, da quelle congenite a quelle collegate ai geni o alla
senescenza. Una prova tangibile che la situazione sta davvero cambiando l'ha data la rivista
"Science", che ogni anno, a dicembre, stila la classifica delle 10-12 scoperte fondamentali dell'anno
che sta finendo. Per il 2006, il sesto posto è stato attribuito a un anticorpo monoclonale approvato
dalla Food and Drug Administration la scorsa estate, dal nome evocativo di Lucentis (ranibizumab): si
tratta della prima terapia in grado di fermare, e talvolta di far regredire la degenerazione maculare,
malattia che solo in Italia colpisce il due per cento delle persone che hanno più di 75 anni e la cui
incidenza non potrà che aumentare. Il ranibizumab e l'altro farmaco approvato e di recente introdotto
in Italia, il pagaptanib, potrebbero avere un ruolo analogo anche nella retinopatia diabetica, perché
anche in questa grave complicanza del diabete lo stato patologico è indotto dalla formazione di nuovi
vasi sanguigni che i due farmaci ostacolano. Entrambi, infatti, colpiscono una proteina fondamentale
per il processo, il fattore di crescita vascolare o Vegf. Purtroppo, poiché il Vegf è una sostanza di cui
il corpo non può fare a meno, non è ancora del tutto chiaro quali possano essere le conseguenze di
una sua inibizione prolungata, anche se locale (entrambi i farmaci vengono iniettati nell'occhio
periodicamente). Tuttavia, con tutte le dovute cautele, resta il fatto che per la prima volta i malati
possono oggi contare su due molecole che, se prese in tempo, arrestano la progressione e, in alcuni
casi, fanno regredire la malattia, come dimostrato nei grandi studi clinici chiamati Vision, Marina e
Anchor. Anche se a carissimo prezzo: in Gran Bretagna, per esempio, è stato stimato che, per curare
25-30 mila persone, il costo annuale per il servizio sanitario sarebbe pari a 750 milioni di euro per il
pagaptanib e ancora superiore per il ranibizumab, perché richiede somministrazioni più frequenti
(costo mensile stimato: circa 1.500 euro). Quanto a quest'ultimo, proprio a causa del costo elevato,
negli Stati Uniti si sta diffondendo l'abitudine di assumere un suo parente molto stretto, il
bevacizumab, un antitumorale dotato di un identico meccanismo d'azione, ma assai più economico,
anche se mai sperimentato direttamente per l'occhio. Per questo l'azienda che lo produce ha
annunciato che inizierà le sperimentazioni specifiche. In Italia la situazione è un po' più arretrata,
come sottolinea Paolo Vinciguerra, direttore del Dipartimento di oculistica dell'Istituto Humanitas di
Rozzano:«Ci sono ancora molti vincoli burocratici all'uso di queste terapie che, per ora, possono
essere impiegate solo nell'ambito di protocolli sperimentali». Le patologie degenerative non sono le
uniche ad aver visto grandi passi in avanti negli ultimi anni. Protagonista assoluto, e noto, è il laser
con tutte le sue applicazioni: oggi si curano così non solo la miopia, ma anche l'astigmatismo, la
presbiopia, la cataratta, e alcuni degli strumenti più avanzati come il femtolaser, hanno dato un
grande contributo alla tecnica del trapianto di cornea. L'enorme diffusione degli interventi (più di 100
mila l'anno in Italia), che ormai, nei casi più semplici, costano attorno ai mille euro per occhio, ha
portato tuttavia a un ripensamento sulle tecniche migliori. Se infatti fino a poco tempo fa la preferita
da molti era la Lasik (Laser In Situ Keratomileusis), praticata in quasi il 90 per cento dei casi, oggi gli
oculisti stanno rivalutando la cosiddetta Prk (Photo Refractive Keratectomy), insieme alle evoluzioni
successive quali Lasek (da Laser Epitheliali Keratomileusis) ed Epilasik. Una babele di sigle su cui
conviene fare chiarezza: «Nel Lasik si pratica una piccola incisione sulla superficie esterna della
cornea, si solleva il lembo ottenuto e si interviene con il laser nello strato sottostante, richiudendo poi
senza bisogno di punti di sutura. Ciò consente un recupero velocissimo e non da quasi dolore nella
fase post-operatoria, ma la Lasik è stata associata, negli anni, a un numero maggiore di complicanze
post operatorie che, in casi rari, possono essere anche gravi », spiega Vinciguerra. La questione
cruciale è la selezione dei pazienti, perché secondo le statistiche non più del 30-40 per cento di
coloro che ne fanno richiesta presenta caratteristiche adeguate. «Chi non ha le caratteristiche
adeguate», spiega ancora Vinciguerra: «Dovrebbe ricorrere, qualora ci siano le condizioni, alla Prk,
che consiste in un intervento diretto sulla superficie interna della cornea dopo che essa è stata
esposta. L'operazione così eseguita può comportare per qualche giorno un po' di dolore, che però
viene neutralizzato con lenti medicate o con colliri. In compenso i rischi sono minori e la riuscita è
spesso più soddisfacente. In alternativa oggi ci sono la Lasek e la Epilasik, due varianti poco invasive
che possono essere trasformate in una normale Prk». Nei suoi oltre dieci anni di vita, comunque, la
chirurgia refrattiva ha compiuto grandi progressi grazie all'introduzione di laser sempre più precisi
come quello cosiddetto a eccimeri e il femtolaser che, uniti a software sempre più sofisticati, stanno
via via riducendo i margini di errore e le complicanze. Per coloro che non possono o non vogliono
essere sottoposti a un intervento, la tecnologia offre comunque lenti per tutte le necessità: si va da
quelle classiche, che oggi sono per lo più di idrogel di silicone, un materiale introdotto nel 1998 che
consente di veicolare una quantità di ossigeno fino a sei volte quella lasciata passare dai primi
modelli gaspermeabili a quelle toriche, usate soprattutto per l'astigmatismo, alle bi e multifocali per i
difetti multipli, molto amate da chi inizia a diventare presbite. Ci sono poi le lenti per la cataratta, da
introdurre dopo l'intervento, che vengono create dopo una ricostruzione al computer delle condizioni
dell'occhio del singolo paziente. «Queste lenti», sottolinea Vinciguerra: «Sono progettate tenendo
conto dei fattori clinici dell'individuo e sono colorate, cioè in grado di filtrare i raggi solari ultravioletti
dannosi. Inoltre la loro forma asferica, più curva nel centro e piatta ai bordi, adattandosi meglio a
quella naturale della cornea, permette una visione migliore anche al buio. Infine, possono essere
anche multifocali, capaci come il cristallino, di mettere a fuoco sia da lontano che da vicino». Le lenti
a contatto, comunque, comprese quelle di ultima generazione, mantengono in parte alcuni punti
deboli, al punto che, secondo stime dell'Associazione degli oculisti americani, più del 60 per cento
degli utilizzatori soffre di irritazioni oculari, e percentuali variabili da uno su quattro a uno su tre dei 36
milioni di utilizzatori statunitensi prima o poi le ripongono in un cassetto per tornare agli occhiali. La
colpa, dicono tutti gli specialisti, è in primo luogo di un uso scorretto, troppo prolungato, poco attento
all'igiene. Forse anche per questo continua la ricerca su lenti esterne sempre più efficaci e capaci di
arrestare anche la progressione di difetti che peggiorano come le forme di miopia giovanile. È di
questi giorni per esempio l'annuncio sulla rivista "Investigative Ophtalmology Se Visual Science",
della messa a punto e della sperimentazione su quasi 500 ragazzi di un nuovo tipo di lenti bifocali
senza soluzione di continuità per la miopia, che avrebbero la capacità di rallentare l'evoluzione della
malattia nell'età più delicata, quella scolare. Infine, ci sono novità anche per almeno due gravi
malattie: il cheratocono e il glaucoma. Per quanto riguarda il primo, sta entrando nella pratica clinica
anche in Italia la tecnica del cosiddetto cross linking corneale, sperimentata dallo stesso Vinciguerra
insieme con l'Università di Siena. Spiega l'oculista milanese: «II cheratocono è una malattia della
cornea, una distrofia progressiva che colpisce all'anno 50 persone ogni 100 mila e che, se non
curata, porta inevitabilmente al trapianto. La nuova tecnica, che è indolore e si fa in day hospital,
utilizza laser a raggi ultravioletti che illuminano una soluzione di vitamina B2 precedentemente
instillata sulla cornea. La luce attiva la vitamina, la quale, a sua volta, avvicina gli strati che
compongono la superficie della cornea solo dove necessario, senza danneggiare le cellule circostanti
della retina. Gli effetti durano un ceno numero di anni, ma l'intervento può essere ripetuto »
. Le
vitamine sono anche al centro di alcuni studi nei quali si cerca di verificare se specifici cocktail
possano o meno rallentare la degenerazione maculare. Per il glaucoma, infine, grave malattia nella
quale si instaura una forte pressione all'interno dell'occhio, sono al momento in studio anche
all'Univerità di Pisa nuove minuscole valvole di oro colloidale che, inserite durante il drenaggio del
liquido in eccesso che causa l'aumento di pressione, sembrano dare ottimi risultati.

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Machi


venerdì 6 aprile 2007, 10:49
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una cosa mi balza all'occhio: secondo voi è stato davvero vinciguerra a dire che il cheratocono se nn curato porta inevitabilmente al trapianto????

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Machi


venerdì 6 aprile 2007, 10:50
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Se ci fosse stata una cura dieci anni fa mi sarei curata.
Se per cura oggi si intende il cross-linking voglio sperare per le mie figlie, i vostri futuri figli e i nostri pro-nipoti che i medici siano sulla strada giusta, ma di certezze mi pare non ce ne siano ancora.
E questo non lo dico io che sono solo una semplice paziente e ancora molto ignorante in materia, ma mi sembra di avere interpretato cosi’ l’ultimo post di LUKE che se non ho capito male ne ha parlato con un medico molto esperto.
Diciamo che forse la giornalista ha riassunto male in una frase quello che ha capito…boh, lascio la parola agli esperti, e spero veramente che il medico di Luke si metta a nostra disposizione lo tempesteremo di domande…..

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''La voce dei malati è spesso un sussurro.
La voce dei malati rari è quasi silenzio.
Insieme possiamo farci ascoltare: entra nel GdL !''
Cinzia Di Nicola


http://www.youtube.com/watch?v=Wct1OE1Yl5M

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venerdì 6 aprile 2007, 11:39
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