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LA TOPOGRAFIA CORNEALE:

Claudio de Cadilhac - Stefano Lorè

 

 E' un esame diagnostico insostituibile per lo studio (diagnosi, follow-up, iter pre e post operatorio) di numerose patologie corneali, in chirurgia refrattiva, in contattologia nei casi di astigmatismi elevati o warpage da l. a c. ed in tutti i casi di irregolarità di superficie. A tali indicazioni di recente si è aggiunto il Cross-Linking Corneale, che si basa in buona parte sui risultati topografici per la selezione dei casi trattabili.

L' evoluzione dei topografi (nella quale le industrie, i tecnici e gli oculisti italiani hanno avuto un ruolo di primissimo piano) e di conseguenza il notevole aumento delle informazioni che si possono ottenere, ha reso complessa l'interpretazione delle mappe, per cui bisogna innanzitutto avere ben presente cosa evidenziare in una stampa in relazione alla patologia del paziente in esame.

E' bene ricordare che in oftalmologia la classica topografia, a differenza di quella geografico-cartografica, non disegna la forma della cornea ma è la rappresentazione sotto forma di una mappa di colori codificati (per cui sarebbe più corretta la dizione fotocheratoscopia o videocheratoscopia computerizzata). Essa viene ricavata per sommazione dei punti della superficie corneale anteriore, ricoperta dal film lacrimale, sui quali viene calcolato il raggio di curvatura e di conseguenza il potere refrattivo. E' come se prendessimo idealmente la cornea, leggessimo numerosi punti al frontifocometro e ne estrapolassimo la mappa di tutta la superficie.

Quando analizziamo una topografia per prima cosa osserviamo il tipo di apparecchio utilizzato, in particolare se la topografia è stata ottenuta per riflessione del disco di Placido (fig.1),

 

 

(fig. 1) Riflessione del disco di Placido

 

attualmente i più diffusi ed ai quali si riferisce principalmente questa guida, o per ricostruzione di scansioni a fessure di luce (Orbscan, Pentacam, Galilei).

I topografi a riflessione (CSO, Optikon, Tomey) si basano sulla proprietà della cornea di comportarsi come uno specchio convesso, analizzando eventuali deformazioni od irregolarità dell' immagine riflessa e digitalizzata degli anelli luminosi concentrici, di dimensioni note. I modelli possono però differire per grandezza del cono, numero e spessore degli anelli proiettati, distanza di lavoro, sistema di focalizzazione e processazione della immagine acquisita, per cui a volte non è facile confrontare mappe eseguite su apparecchi diversi. I topografi a riflessione costruiscono le mappe a partire dal vertice corneale: lo strumento lo identifica per mezzo della fissazione, eleggendolo a centro geometrico del primo anello del 'bersaglio', il più centrale. 

I topografi a fessure di luce (Fig. 2 e 2a),

                                                             

(fig. 2) Sistema Orbscan

 

d'altronde, forniscono dati anche sulla superficie posteriore della cornea (spesso la zona alterata per prima nel cheratocono quando ancora la topografia della superficie anteriore può essere nei limiti, quindi il più affidabile indicatore nella diagnosi precoce di probabilità) e sulla pachimetria della intera cornea (fig.3).

 

 (fig.3) Cheratocono - immagine Orbscan

 Poi possiamo confrontare le immagini dei due occhi:

le cornee sono enantiomorfiche (fig. a - b), cioè la cornea di un occhio è sostanzialmente speculare a quella del controlaterale, per cui oltre le piccole differenze fisiologiche, a meno di un motivo come una chirurgia refrattiva monoculare, va sospettata una patologia.  

             

(fig.a) - Cornee enantiomorfiche -                       (fig.b)

 

Si desume quindi il profilo: nella cornea normale ha una forma a collina, più curva centralmente e più piatta verso la periferia e viene definito prolato (fig.4);

il profilo contrario, a conca, appiattito centralmente e più curvo lateralmente, viene definito oblato (fig.5) ed è tipico degli esiti di chirurgia per miopia.

Il profilo post-chirurgico per ipermetropia accentua la morfologia della cornea normale, pertanto viene definito iperprolato (fig.6).

       

(fig.4) Profilo prolato                                                                (fig.5) Profilo oblato

 

(fig.6) Profilo iperprolato

  Analizzare quindi la morfologia della mappa, che può avere un aspetto rotondo od ovale; nel caso di un astigmatismo la forma è definita a clessidra (fig.7), disposta in direzione dell' asse più curvo ed ulteriormente suddivisibile in sottogruppi a seconda dei rapporti morfologici e diottrici tra le emiclessidre (grande-piccola, cioè minore di 5mm; simmetrica-asimmetrica; allineata-disallineata); infine l' aspetto viene definito irregolare (fig.8) se non rientra in nessuno dei precedenti gruppi. Spesso comunque ci troviamo al cospetto di mappe con caratteristiche comuni a più gruppi.

 

       

(fig.7) Astigmatismo regolare                            (fig.8) Astigmatismo irregolare

 

SCALA COLORIMETRICA: è la modalità con cui i dati numerici rilevati vengono elaborati, trasformandoli in mappe colorimetriche, assegnando ad ogni colore utilizzato un range diottrico. Per convenzione i colori più "freddi" (blu, nero) sono stati attribuiti alle aree corneali più piatte, mentre quelli "caldi" (rosso, rosa) alle aree più curve.

 

Scala Assoluta: (fig.9) standardizzata dal Prof. Klice, offre una veloce panoramica e semplifica il confronto fra le mappe ottenute da strumenti diversi, per cui solitamente si inizia da essa. Viene utilizzata sempre una gamma fissa di 26 colori da 9 D a 101 D, partendo dal valore medio normale di 43 D corrispondente al colore verde; tale scala utilizza step ravvicinati di 1,5 D tra le 35 e le 50 D, mentre per i valori superiori ed inferiori a questi centrali, il range aumenta a 5 D.

    (fig. 9) Scala assoluta

 Scala Normalizzata: (fig 10) viene adattata alla superficie corneale del singolo paziente in esame esaltandone i dettagli, ma la processazione automatica può essere differente nei topografi di marche diverse rendendo difficoltoso il confronto fra le mappe. Viene attribuito il colore più freddo al valore diottrico più basso ed al valore diottrico più alto il colore più caldo. L' intervallo tra questi estremi, che variabile nelle cornee esaminate, viene suddiviso a seconda del software del topografo, in 11 - 15 passi uguali.

 

 

 

(fig. 10) Scala normalizzata (stessa cornea fig.9)

 

Scala Aggiustabile: viene programmata dall' operatore che deve stabilire a quali valori diottrici attribuire i colori, iniziando da quello centrale e l' intervallo tra i valori. E' così possibile confrontare mappe diverse senza dover ricorrere alla scala assoluta. Poco usata, di solito per amplificare dei particolari, necessita di una certa esperienza (fig. 11).

 

 (fig. 11) Scala aggiustabile

ALGORITMO: è il sistema di calcolo utilizzato per determinare il raggio di curvatura dei singoli punti della superficie corneale, permettendo così di ricostruire il potere diottrico anteriore. Il valore di ogni punto è riferito all' asse che dalla mira di fissazione del topografo passa dal vertice corneale, cioè il centro del primo anello di Placido.

 

Algoritmo Assiale: (fig. 11 e 12) è stato il primo algoritmo realizzato essendo la modalità di lavoro naturale del topografo a riflessione, il più vicino alla classica oftalmometria, dunque più vicino alla situazione ottica della cornea, ed è facilmente ripetibile. E' presente in tutti i modelli, si usa iniziare da esso e risulta particolarmente utile nella diagnostica per valutare il potere della parte centrale della cornea, ma è poco attendibile oltre i 3-4 mm. perchè questa modalità di calcolo presenta in periferia un notevole grado di approssimazione; la cornea viene assimilata ad una superficie sfero-cilindrica, cosa vera solo in zona ottica mentre in periferia la cornea è asferica e questo comporta un errore di stima usando questo calcolo.

 

      

  (fig.11) Alg. assiale in scala assoluta                  (fig.12) Alg. assiale in scala normalizzata

 

 

Algoritmo Tangenziale: (fig.13 e 14) calcola in ogni punto la tangente alla superficie, ricostruendo una situazione diottrico-anatomica più veritiera soprattutto nelle zone paracentrali e periferiche della cornea; vengono così superati i limiti dell' algoritmo assiale in tali aree in quanto il tangenziale è svincolato dall' asse topografico ed approssima la cornea ad una superficie asferica. E' particolarmente utile nel post-operatorio con laser ad eccimeri, ben evidenziando la zona di transizione anulare ed incurvatata tra l' area centrale trattata e quella periferica non trattata.

 

        

(fig.13) Alg. tangenziale in scala assoluta             (fig.14) Alg. tangenziale in scala normal.

 

Algoritmo Altitudinale: (fig.15) ha avuto recentemente un notevole sviluppo perchè più dei precedenti ci restituisce una descrizione morfologica 'tridimensionale' abbastanza attendibile della cornea in esame misurando le altezze. A differenza dei due algoritmi precedenti che sono sostanzialmente refrattivi, con dati espressi in diottrie, l' algoritmo altitudinale esprime dati in micron perchè confronta ogni punto con quella superficie di riferimento che offre la migliore approssimazione con la cornea in esame. Il 'livello 0' è rappresentato in verde, tutto ciò che si trova al di sopra (sporgenze) è reso in colori caldi mentre tutto ciò che è più in basso (rientranze) in colori freddi. Questo algoritmo non è legato all' asse topografico e quindi alla fissazione, avvicinandosi così alla modalità di lavoro dei topografi a fessura.

Uno studio completo della cornea si può oggi avere confrontando le mappe refrattive che ci danno informazioni sui poteri con quella altimetrica che ci dà informazioni sulla forma. E' così possibile constatare per esempio che astigmatismi di ugual potere possono derivare da forme corneali diverse ma abbiano differenti influenze sulla qualità visiva. L' insieme di questi dati è particolarmente importante nel settaggio del laser per gli interventi refrattivi.

 

 

 

(fig.15) Alg. altitudinale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INDICI CORNEALI: forniscono un resoconto numerico complessivo, quantitativo, dell' aspetto qualitativo della cornea, risultando utili per un confronto statistico con la normalità. Sono diventati sempre più numerosi, sensibili e completi nelle loro informazioni, alcuni sono specifici di alcuni topografi. I più utilizzati nella routine, soprattutto in riferimento al cheratocono (fig.16) sono:

 

 

(fig.16) Indici corneali di una cornea ectasica (cheratocono)

 

SIM K: è la simulazione della oftalmometria e fornisce potere e posizione del meridiano più curvo e di quello perpendicolare (o quello più piatto con angolazione diversa da 90° se la cornea non fosse sferocilindrica, come sovente sono quelle patologiche o post-chirurgiche) rilevandoli sui 3-4 mm. centrali. Valori alti si rilevano dopo cheratoplastiche (fig. 17) od in patologie quali il cheratocono; valori bassi in cornee piatte ed esiti di correzioni chirurgiche per miopia.

 

 

(fig.17) Indici corneali di una cheratoplastica profonda (PK)

 

SAI: è l' indice di asimmetria della superficie corneale e si basa sulla corrispondenza speculare fra le due emicornee, che normalmente non supera piccole differenze fisiologiche. Il topografo confronta numerosi punti adiacenti di una emicornea con quelli corrispondenti di quella speculare. La superficie sferocilindrica ideale ha indice 0. Valori superiori ad 1 comportano una notevole riduzione della qualità del visus (cheratocono, chirurgia refrattiva decentrata, trapianto, warpage).

 

SRI: è l' indice di regolarità della superficie corneale ed è il risultato del confronto delle variazioni tra numerosi punti adiacenti dei 10 anelli centrali. Questa area equivale ad una pupilla di circa 4,5 cm di diametro. Valori superiori a 1,5 D esprimono irregolarità in zona ottica.

 

CEI: indice di eccentricità della forma corneale globale, come differenza rispetto alla sfera di riferimento che ha valore 0. Viene ottenuto misurando la differenza di potere fra ogni anello su tutta la superficie corneale. Un valore positivo è indice di cornea prolata, uno negativo di cornea oblata.

 

SI: indice di simmetria verticale, si riferisce al potere medio di due zone circolari di 3 mm. di diametro, centrate nell' emisfero corneale inferiore ed in quello superiore dove statisticamente è più frequente l' esordio del cheratocono. Rappresenta dunque un indice fondamentale nello screening del cheratocono e misura quale dei due emisferi è quello più curvo; solitamente il cheratocono inizia nell' emisfero inferiore.

 

AK: cheratometria apicale, evidenzia il punto di massima curvatura istantanea della cornea; la misura dell' apice viene espressa in diottrie. 

 

 

TOPOGRAFIA CORNEALE IN CONTATTOLOGIA

 

Conoscere la morfologia corneale in modo dettagliato, attraverso una topografia corneale ben eseguita, può risultare molto utile per l’operatore che si accinge ad applicare delle lenti a contatto specialmente se la cornea in esame è molto torica, affetta da astigmatismo irregolare, esiti di cheratoplastica o particolari profili oblati o prolati da esiti di fotocheratectomia refrattiva.

L’utilizzo di lenti a contatto (sia idrofile che rigide gas permeabili) può causare variazioni desiderate dell’andamento topografico della cornea come nell’ortocheratologia (fig. 18),

 

 

(fig.18) Topografia post-ortoK

 

ma in taluni casi queste variazioni possono essere anche non volute e quindi rappresentare un vero e proprio effetto collaterale indesiderato (warpage).

La pressione meccanica di una lente r.g.p., quando per esempio assume una posizione decentrata sulla cornea (lente sferica su cornea torica), non è l’unica causa di warpage (fig.19), la distorsione delle mire può sopraggiungere anche per edema corneale.

 

 

(fig.19) Warpage corneale

 

Ecco che l’utilizzo della topografia non è solo utile come ausilio per la scelta geometrica della lente r.g.p. associato alla simulazione dell’immagine fluoroscopica (fig.20), ma anche come monitoraggio e prevenzione di eventuali variazioni topografiche indotte dall’uso/abuso delle lenti a contatto.

 

 

(fig.20) Immagine fluoroscopica di lente corneale r.g.p. su cornea torica di 1,75 D.

 

 

 

 

 

 
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