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Cheratocono: quando le lenti a contatto non si sopportano più PDF Stampa E-mail
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Cheratocono: quando le lenti a contatto non si sopportano più

Tutto ciò che si deve sapere per evitare l’abbandono delle lenti

Accade molto spesso che il paziente affetto da cheratocono guardi all’intolleranza alle proprie lenti a contatto come il primo vero passo verso il trapianto. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, questo drammatico momento è vissuto con timore ed ansia, perché non correttamente compreso e valutato.

Vediamo allora di riassumere i punti fondamentali caratterizzanti l’intolleranza alle lenti a contatto: è una condizione irreversibile? Ha segni e sintomi ben chiari e conosciuti?

A tal proposito, citiamo uno studio risalente ormai a dieci anni fa, condotto da Young e coll. (2002) su 235 pazienti cheratoconici, in cura presso 15 diversi centri, che non tolleravano più le lenti a contatto. Seguendo strategie e soluzioni diverse, il 77% dei pazienti è riuscito a riprendere l’utilizzo delle proprie lenti a contatto.

Pertanto, si può dire con sicurezza che non esiste il “rigetto” alle lenti come evento immunoreattivo e, nel caso in cui dovesse presentarsi una fenomenologia simile, una diversa gestione applicativa potrebbe essere risolutiva. Per chiarire cosa intendiamo per gestione applicativa, scorriamo di seguito alcuni punti oggettivamente accettati, partendo dall’assunto che solitamente le intolleranze sono di tipo sensoriale (di soglia) o tissutale:

  1. sensoriali: le lenti danno fastidio ma l’occhio appare bianco. In questo caso è importante la scelta di bordo e diametro, sino a soluzioni come piggy back e lenti sclerali;

  2. tissutali: il fastidio è contenuto ma l’occhio diventa immediatamente rosso. È doveroso fare una distinzione tra:

    1. intolleranza primaria (“nuova”), nel caso in cui sia la prima volta che il paziente indossa una lente a contatto. La risposta è acuta, fortemente iperemica con abbondante lacrimazione, sia in caso di lenti morbide, sia di lenti gas-permeabili;

    2. intolleranza secondaria (“acquisita”), nel caso di un portatore abituale. L’intolleranza persiste anche se il contattologo apporta modifiche alla tipologia o alle caratteristiche della lente.

La risoluzione delle intolleranze sensoriali e tissutali secondarie dipende in gran parte dalla competenza e dall’abilità del contattologo, sia in ambito puramente contattologico, sia nello specifico della patologia cheratoconica. Infatti, le problematiche legate all’apice del cono non sono trasversali a tutta la pratica contattologica e richiedono una conoscenza approfondita sì da poter garantire la miglior lente, che rispetti la fisiologia corneale e la sintomatologia del paziente.

Purtroppo, molto più complesso è il caso di una intolleranza tissutale primaria, che si conclude molto spesso con l’abbandono del percorso applicativo.

In conclusione, poniamo l’attenzione su di un aspetto molto importante e di grande attualità: anche un paziente che ha subìto un trapianto corneale o un intervento di crosslinking (CXL) può utilizzare le lenti a contatto, in tutta sicurezza e nel rispetto della nuova conformazione anatomo-fisiologica corneale.

In tal caso, come anche nella restante patica contattologica, il consenso informato acquisisce una particolare importanza. Questo documento funge da reciproca garanzia, tra paziente e contattologo, dell’ottimale utilizzo del dispositivo medico (lente a contatto) e dell’idonea comprensione e conoscenza delle indicazioni d’uso e delle avvertenze necessarie per evitare le complicanze di utilizzo.

Dott. Pietro Gheller optometrista e contattologo
prof. di contattologia presso l'Istituto Superiore di Ottica e Optometria Bologna e presso l'Università di Padova corso di laurea in ottica e Optometria. Collabora da anni con diversi centri trapianti e maggiormente con il centro trapianti di Bologna

 
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